FILETTI DI PESCE ALL’ACQUA PAZZA, LA RICETTA TRADIZIONALE

Filetti di pesce all'acqua pazza, la ricetta partenopea

I filetti di pesce all’acqua pazza sono un piatto anomalo. Tradizione e gusto vorrebbero che all’acqua pazza si cucinino solo pesci interi. In particolare dentice, occhiata, sarago, spigola (branzino), gallinella, san Pietro, orata e fragolino (pagello). E quindi – consapevoli di ciò – seguendo la nostra consueta filosofia a favore di ricette sempre possibili e pratiche qui parliamo di filetti surgelati. Per il banale motivo che sono quelli più economici, più disponibili e comodi da preparare: tre proprietà vincenti nel mondo attuale. Sappiate però che molti chef criticherebbero fortemente questa scelta. Alcuni, anzi, non si fanno scrupoli ad affermare che il pesce all’acqua pazza o va fatto con il pesce giusto oppure proprio non va fatto. E con giusto intendono intero e fresco di mare, non di frigo.

A questi chef mi limito semplicemente a far notare che mia moglie va matta per i miei filetti surgelati di pesce all’acqua pazza. E con lei tutta la sua numerosa famiglia d’origine siciliana. Una trentina di persone nate e cresciute in un posto di mare che più di mare non si può, tra Marzamemi e Porto Palo.

Quelli della foto sono eccellenti ed economici filetti surgelati di gallinella. Ma altrettanto ottimi sarebbero i filetti surgelati di ricciola, san Pietro, spigola, ombrina o orata. Tutti reperibili nei negozi specializzati in surgelati. Tuttavia vanno benissimo anche i comuni filetti surgelati di merluzzo. E non solo perché spesso sono gli unici che si trovano davvero ovunque, ma anche e semplicemente perchè sono molto buoni.


Il pesce all’acqua pazza nel modo migliore

La ricetta è tipica della Campania ed è semplicissima. Quasi impossibile da sbagliare. Attenzione però che il pesce all’acqua pazza non è un pesce lesso. Il che vuol dire che deve insaporirsi nel brodetto di cottura (vino e acqua), non bollirci dentro.

La ricetta che vi consigliamo è quella più antica. Quella che cucinavano i pescatori a bordo delle paranze utilizzando acqua di mare. Proprio da quest’ultima abitudine deriva l’espressione “acqua pazza”, perché sembra da pazzi “rovinare” il vino con l’acqua di mare 😜.

Il punto è che un secolo e passa fa, per giunta su un peschereccio in navigazione, il pesce così cucinato era  necessariamente ottimo: anche perché l’alternativa era il digiuno! Oggi bisogna avere occhio per la quantità di acqua e di vino da aggiungere in relazione al tegame e soprattutto alla tipologia e grandezza del pesce, da cui dipendono i tempi di cottura. In ogni caso va bene mezzo bicchiere al massimo di vino, ma per l’acqua si va a sentimento. L’importante è che nei pochi minuti in cui il pesce cuoce (10 al massimo per i filetti, 15-20 per dei pesci interi di media grandezza) il sughetto abbia il tempo di addensarsi al punto giusto, senza però che il pesce di sfaldi!

A questo scopo da qualche tempo ha preso piede l’abitudine di insaporire e ispessire il brodetto di cottura e solo dopo cuocerci il pesce. Leggete nel riquadro grigio immediatamente seguente come fare. Qui chiudo con un’ultima osservazione sugli aromi. E precisamente sul prezzemolo, che è l’aroma tradizionale di questa ricetta. E, a nostro avviso, anche quello migliore. Per dovere di cronaca va però detto che da tempo si sta diffondendo l’uso di usare il basilico fresco al posto del prezzemolo, anche a Napoli e sulla Costiera. 

Come fare un buon brodetto di cottura

Cominciate facendo soffriggere in un tegame, su fuoco dolcissimo, l’aglio tagliato in 4 parti con metà del prezzemolo previsto dalla ricetta. Aggiungete i pomodorini e lasciate insaporire qualche minuto. Poi allungate con il vino e con poca acqua (il pesce ne caccerà di suo), regolate di sale e lasciate addensare per pochi minuti a fuoco moderato e senza coperchio. Quando il sughetto è praticamente fatto adagiate nel tegame il pesce. Quindi completate con un pezzetto di peperoncino (poco: deve dare vivacità al piatto, senza farlo diventare davvero piccante) e lasciate cuocere a fuoco dolcissimo per i minuti necessari.

Il sistema di cottura in umido appena descritto è decisamente quello più utilizzato. Tuttavia sono in molti a cucinare il pesce all’acqua pazza in questo modo, completando però la cottura nel forno.
In tal caso si fa insaporire e restringere il sughetto in tegame, come descritto, ma poi – aggiunto il pesce – si passa tutto nel forno caldissimo (210°) per 10-15 minuti, rigirando il pesce una volta.

[testi di Valter Cirillo]


DOSI PER 4 PERSONE

Ricetta dei filetti di pesce all’acqua pazza:
gli ingredienti

  • 600 g di filetti di pesce
  • 2 spicchi di aglio
  • 2 cucchiai di prezzemolo tritato
  • 16 pomodorini ciliegini
  • Vino bianco secco
  • Peperoncino (o pepe, facoltativo)
  • Olio extravergine di oliva

La preparazione

  1. Se necessario pulite il pesce sventrandolo, squamandolo e lavandolo con cura prima di ridurlo a filetti. Disponete questi ultimi in un tegame di grandezza adeguata a contenerli senza doverli sovrapporre. Se usate filetti di pesce surgelato non è necessario farli prima scongelare, a meno che non siano glassati
  2. Irrorate il pesce di olio, quindi aggiungete l’aglio tagliato a metà, i pomodorini tagliati a spicchi e un cucchiaio di prezzemolo tritato. Bagnate con il vino (leggi sopra “Il pesce all’acqua pazza nel modo migliore”) e completate con una tazzina da caffè colma di acqua. Accendete e a fuoco dolce e coperto portate a leggero bollore
  3. Lasciate sobbollire dolcemente per 2 minuti, quindi regolate di sale e girate i filetti. Ora aggiungete un pezzettino minimo di peperoncino (oppure pepe macinato al momento) e completate la cottura per altri 7-8 minuti a fuoco dolce e semicoperto, in modo che il sughetto possa addensarsi
  4. Aggiungete il prezzemolo rimanente e spegnete il fuoco. Lasciate riposare qualche minuto prima di disporre i vostri filetti di pesce all’acqua pazza nel piatto da portata. Infine eliminate l’aglio e il peperoncino dal tegame, prelevate i pomodorini e disponeteli sui filetti di pesce insieme a un mestolino del sughetto di cottura 

Attimi di…vini

Brevi consigli del sommelier Ilaria Lombardo ( @Ilarietta77 ) su come bere moderatamente ma bene, abbinando nel modo migliore vini e piatti regionali

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Piatto della mia amata terra, la Campania! E allora quale vino ci permette di gustare al meglio questo piatto se non una Falanghina?
Prevalentemente coltivata nella zona di Napoli e Caserta, è stata riscoperta negli anni ’90. Il vitigno è a bacca bianca, dal colore giallo paglierino con riflessi verdolini, e viene utilizzato spesso in purezza, ovvero solo con uve di questo vitigno.
La Falanghina ha sentori unici nel suo genere. Al naso avvertirete note floreali, fruttate, come albicocca e miele, ma anche minerali, dovute al terreno vulcanico sul quale nasce. Al palato risulta morbida, fresca, con una discreta acidità e una persistenza piacevole. Un vino da degustare fermo, spumante o addirittura passito. Per questo piatto abbinerei una Falanghina in versione spumante brut, da servire tra i 6° e gli 8 °C.


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