Roma, si sa, è stata per un millennio la capitale del mondo: città di patrizi e imperatori, schiavi e plebei, dove i primi mangiavano il meglio e i gli altri si accontentavano di polenta di farro, aglio, cavoli e cipolla. Poi, per un altro millennio buono, è stata città simbolo di fede e di potere, piena di nobili e cardinali, servi e poveracci. Dove i primi mangiavano il meglio e gli altri si accontentavano degli avanzi. Come nel caso del celebre “quinto quarto” di carne, che era appunto costituito da quello che i nobili disdegnavano: trippa, frattaglie, coda, pajata, orecchie, animelle, zampe e così via.
Anche il lesso ripassato alla picchiapò fa parte di questa cultura povera per cui niente si butta: tutto si recupera e recuperando si migliora.
In teoria il lesso ripassato è costituito da carne utilizzata per fare il brodo, che va distinta da quella appositamente lessata per fare il bollito. Nel primo caso, infatti, si fa in modo che la carne ceda i sapori e i nutrienti al brodo, mentre nel bollito la carne deve conservare succulenza e proprietà. Passando però dalla teoria alla pratica, ci sono moltissimi estimatori (tra cui chi scrive!) che fanno il bollito per il puro piacere di mangiare un lesso ripassato alla picchiapò fatto con la carne migliore.
A Roma ci sono più modi di utilizzare gli avanzi di carne, sia bollita, sia arrostita. Il primo e più semplice é di farne un misto e riproporla in tavola coperta di salsa verde: olio, aglio, molto prezzemolo, un po’ di limone e pepe. Il secondo è di tritarla e farne polpette di bollito, generalmente fritte. Il terzo modo, appunto, è il lesso ripassato alla picchiapò. Un piatto che, essendo di recupero, è stato elaborato in parallelo anche altrove, come – per fare solo due esempi – in Campania e in Toscana. Però con caratteristiche specifiche. In Campania la cipolla e il basilico sono sostituiti da aglio e origano, inoltre la cottura è in forno e non in tegame. La versione Toscana ha gli stessi ingredienti del lesso ripassato alla picchiapò, ma dosati in modo molto diverso, per cui il risultato finale è di un lesso stiracchiato quasi in bianco.
In verità anche a Roma il lesso rifatto alla picchiapò ha una sua versione in bianco, senza pomodoro. La ricetta è la stessa di quella che trovate qui sotto, solo che invece del pomodoro si aggiunge un bicchiere di vino bianco e, volendo, anche un paio di patate a tocchetti.
Come al solito, ma in questo caso molto più del solito, sono possibili numerose variazioni. Del resto quando si recupera si recupera quello che c’è, non si va a comperare quello che non c’è. E quindi, secondo quello che si ha in casa al momento, c’è chi insieme al pomodoro aggiunge un po’ di latte, chi arricchisce di vino anche la versione con i pomodori, chi mette il peperoncino, chi un trito di carote e sedano insieme alle cipolle. Stesso discorso per gli odori: abbiamo mangiato il lesso rifatto alla picchiapò in locali rinomati, trovandoci dentro a volte menta, altre volte salvia o alloro o maggiorana e in un caso persino chiodi di garofano.
Perchè questo lesso ripassato si chiama “alla picchiapò”?
Non ci sono certezze sul motivo per cui questo lesso ripassato si chiami così.
Alcuni autori ipotizzano che il nome possa derivare da un personaggio – tal Picchiabbò, con due b – citato in un sonetto del Belli e in una favola in prosa del Trilussa. Ma non si capisce perché dovrebbe, visto che in entrambi i casi il Picchiabbò in questione non ha a che fare né con lessi, né con arrosti e nemmeno con ricette di qualsiasi altro genere! A noi sembra più probabile un’altra ipotesi. E cioè che il nome sia nato nelle taverne di Testaccio, intorno al mattatoio, dove gli osti “picchiavano” sul tagliere i muscoli sfibrati dalla bollitura per intenerirli e cuocerci a spezzatino. Magari con il tifo dei clienti: «picchia oh! Mica ce farai mastica’ quer sercio (sasso)!». Oppure anche: «picchia’n pò! no’o vedi ch’è ancora duro?»
[testo di Valter Cirillo]
DOSI PER 4 PERSONE
Ricetta del lesso ripassato alla picchiapò:
gli ingredienti
- 700 g di lesso di manzo o di vitello (mondato dal grasso, ma non da eventuale tenerume)
- 2 cipolle
- 400 g di pomodori pelati
- Brodo del lesso (1 mestolo)
- Prezzemolo
- Basilico
- Pepe
- Olio extravergine di oliva
La preparazione
- Tagliate le cipolle a fettine e fatele appassire in una ampia padella per 6-7 minuti con 4 cucchiai di olio. Tenete la padella coperta e il fuoco dolcissimo: devono appassire, non rosolare
- Aggiungete il pomodoro, ½ cucchiaio di prezzemolo tritato e 6-7 foglie sminuzzate di basilico. Mescolate e lasciate insaporire per una decina di minuti, a fuoco dolce e sempre con il coperchio
- Intanto tagliate a fettine o a tocchetti il lesso. Incorporatelo nella salsa di pomodoro, bagnate con un mestolo di brodo (circa 120 ml) e lasciate andare per una decina di minuti, a fuoco dolce e con il coperchio, mescolando più volte
- Togliete il coperchio alla padella, regolate di sale, profumate con pepe nero macinato al momento e completate la cottura per altri 5 minuti. Mescolate spesso e giocate con il fuoco per fare in modo che alla fine il sughetto del vostro lesso ripassato alla picchiapò sia addensato al punto giusto. Servitelo caldo, decorato con altro prezzemolo tritato e accompagnato da patate bollite.