Piatto tipicamente laziale, i rigatoni o le penne alla burina (praticamente gli unici due tagli utilizzati per questa pasta) sono una evoluzione recente di vecchie tradizioni locali. È infatti un condimento che ha cominciato a diffondersi dagli anni ’50 del ‘900, per poi conoscere un momento di notorietà negli anni ’70.
Più che laziale la ricetta è proprio romana “de Roma”. Come indirettamente denuncia lo stesso nome. Burino, infatti, è l’appellativo che i romani un tempo davano ai campagnoli che entravano in città. E che oggi continuano a dare a chi – a loro insindacabile giudizio, ovvio! – manifesta atteggiamenti rudi e poco urbani.
Il termine sembra risalire alla prima metà dell’800, ma è di incerta etimologia. Secondo alcuni deriva dai venditori di burro (buro in romanesco), ovvero dai pastori dell’agro romano che passavano in città per vendere i propri prodotti. Secondo altri – ed è forse l’etimologia più probabile – deriva da buris, termine latino che indica il manico degli aratri. Il che farebbe riferimento ai braccianti romagnoli che, ai tempi dello Stato pontificio, venivano chiamati nell’agro romano per i lavori stagionali.
In ogni caso, con pasta alla burina si indica un piatto condito con una salsa da campagnoli. Dove l’attributo perde ogni accento critico e negativo, per acquisirne uno positivo, con riferimento ai prodotti più genuini e saporiti disponibili in campagna.
Va anche detto che si tratta di una ricetta ancora alla ricerca di una sicura personalità. A Roma e dintorni le ricette di rigatoni o penne alla burina si sprecano, a volte con ingredienti differenti in modo davvero imbarazzante. Ci sono ristoranti che tutt’oggi mettono nel menù penne alla burina che magari non hanno la salsiccia, però hanno funghi e panna oppure carciofi e ricotta! Probabili reminiscenze delle molto discutibili sperimentazioni degli anni ’70.
Tra le numerose versioni che girano, è frequente una pasta alla burina – detta anche alla laziale – condita con pomodoro, pecorino, vino e abbondante origano.
Quelle che proponiamo sono tra le penne alla burina considerate più tradizionali, già riportate in ricettari degli anni ’60.
Rispetto a questa ricetta, una interessante variante è quella che prevede la gratinatura al forno. La ricetta viene realizzata esattamente come indicato qui sotto, salvo che al termine non viene fatta saltare nel sugo per essere servita. Viene invece scolata molto al dente e poi ben condita con il sugo in una pirofila, per poi essere abbondantemente spolverizzata di pecorino e fatta gratinare per 7-8 minuti nel forno caldissimo.
DOSI PER 4 PERSONE
La ricetta delle penne alla burina:
gli ingredienti
- 360 g di penne rigate
- 80 g di pisellini freschi o surgelati
- 400 g di pomodori da sugo ben maturi
- 1 salsiccia grande a pasta fine
- ½ cipolla
- 1 carota piccola
- 1 spicchio di aglio
- Vino bianco secco
- Pecorino romano grattugiato
- Prezzemolo
- Olio extravergine di oliva
La preparazione
- Tritate insieme la cipolla, la carota e lo spicchio di aglio. Fate riscaldare 3 cucchiai di olio in un ampio tegame, calateci il trito di verdure e lasciatelo appassire dolcemente, con il coperchio, per 6-7 minuti
- Spellate la salsiccia, sbriciolatene la polpa con le dita e fatela rosolare per qualche minuto nel soffritto. Bagnate con mezzo bicchiere di vino (circa 80 ml) e lasciate sfumare, senza coperchio e con il fuoco poco più vivace, fin quando il vino si è ridotto della metà
- Tagliate a dadini il pomodoro e aggiungetelo al sugo. Mescolate per bene, coprite e fate cuocere poco più di 5 minuti
- Calate anche i pisellini, mettete il coperchio e lasciate andare a fuoco dolce fin quando i pisellini sono cotti a puntino. Profumate con un cucchiaio abbondante di prezzemolo tritato, assaggiate e regolate di sale
- Scolate la pasta e versatela nel tegame, spolverizzate con 2 cucchiai ben colmi di pecorino grattugiato e mescolate (su fuoco dolce) per raccogliere tutto il sugo. Le penne alla burina vanno servite ben calde