STOCCAFISSO ALL’ANCONETANA: UNA STORIA D’AMORE E IDENTITÀ

Stoccafisso all'anconetana, il piatto simbolo di Ancona

Se non avete mai sentito parlare di stoccafisso all’anconetana è solo perché non siete marchigiani. Nelle Marche, infatti, lo stoccafisso è una cosa seria. E questa particolare ricetta è una cosa serissima.

Mentre in altre città si discute se è meglio il Milan o l’Inter, la Roma o la Lazio, la Juve o il Torino… ad Ancona ci si accapiglia per decidere se è meglio la Moretta o il Giardino, l’elegante Palace o il tradizionale “da Gino”. Meglio in cosa? Ma a cucinare lo stoccafisso all’anconetana, che altro? Una ricetta che è davvero amata, nella città, come capita di vedere raramente.

E guardate che non stiamo esagerando. Non è certo un caso che nel capoluogo marchigiano sia stata fondata l’Accademia dello stoccafisso. Che ogni estate vi si tengano sagre ed eventi come lo Stoccafissando, che ci siano persone che allo stoccafisso dedicano rime e poesie  (qui una decina, ovviamente in dialetto marchigiano) e persino canzoni (questa intitolata El Stoccafisso è una delle più divertenti).
Del resto lo stoccafisso all’anconetana fa parte delle tradizioni locali dal 1600, e le stesse autorità ammettono “ufficialmente” che la ricetta è parte importante e integrante della cultura popolare e marinara della città.


Stoccafisso all’anconetana: una ricetta, tanti risultati diversi

A prima vista, lo stoccafisso all’anconetana sembra una ricetta difficile, molto complessa. In realtà non lo è. Sono solo i molti ingredienti a farla sembrare tale. Ma in pratica, se volessimo semplificare al massimo, potremmo dire che si tratta solo di pezzi di stocco conditi con un gran trito di aromi e lasciati lì, a cuocere a lungo. Inoltre anche gli ingredienti possono variare parecchio, nella solita logica che le cose in cucina si fanno con quello che c’è in cucina.

Tra le ricette dei ristoranti anconetani di riferimento ce sono quattro considerate eccellenti. Sono tutte per 1 kg di stoccafisso ammollato, ma c’è quella che prevede 700 g di patate e quella che ne prevede 1.500 g, quella con 200 g di pomodori e quella con il quintuplo, quella con il burro e quella che no, quella con i capperi e quella senza, quella con le olive e quella senza…..
Nello stesso “disciplinare” dell’Accademia è scritto che non esiste una singola ricetta, ma c’è una continua evoluzione alla ricerca di un costante miglioramento. 

In tutti i casi, i molti ingredienti aromatici utilizzati portano ad un piatto straordinariamente ricco di sensazioni gustative: sapido ma anche tendente al dolce, sempre succulento e grasso. Quest’ultima cosa è dovuta all’abbondanza di olio: i 200 g usati per lo stoccafisso all’anconetana cucinato da noi vanno considerati proprio il minimo indispensabile. Una delle quattro ricette consigliate dall’Accademia ne prevede ½ litro!

La necessaria attenzione alla cottura

L’unico punto che richiede attenzione nell’intera ricetta è la cottura: lunga, a fuoco basso, senza mai mescolare, che altrimenti lo stoccafisso di sbriciolerebbe  in modo impresentabile. Per tenere un’ora e mezza di fuoco (o più) e non fare attaccare al fondo si usano diverse strategie. Ad Ancona si usa mettere sul fondo della pentola una copertura di canne secche tagliate a metà: è il metodo usato per secoli e oggi in via di sostituzione con una speciale reticella distanziata. Ma se dopo l’avvio un po’ più vivace tenete il fuoco adeguatamente dolce, anche il letto di fette di pomodoro usato da noi garantisce una cottura ottimale.


DOSI PER 4 PERSONE COME PIATTO UNICO (per 6 persone come secondo comprensivo di contorno)

Ricetta dello stoccafisso all’anconetana:
gli ingredienti

  • 1 kg di stoccafisso già bagnato, spinato e tagliato in pezzi larghi circa 5-7 cm
  • 800 g di patate
  • 3 acciughe sotto sale, dissalate e spinate
  • 1 costa di sedano
  • 2 carote
  • 1 cipolla
  • 2 spicchi di aglio
  • 1 cucchiaio di capperi sotto sale ben lavati
  • 2 foglie di alloro
  • 500 g di pomodori maturi ma ben sodi
  • Vino bianco secco
  • Rosmarino
  • Pepe o peperoncino (facoltativi)
  • Olio extravergine di oliva

La preparazione

  1. Tritate insieme tutti gli aromi: sedano, cipolla, carota, aglio, un ciuffo abbondante di rosmarino, i capperi e le acciughe. Fatene un trito piuttosto fino, mettetelo in un ciotola e ungetelo con 6 cucchiai di olio (pari a circa 80 ml). Amalgamate bene
  2. Versate altri 2 cucchiai di olio in un tegame dal bordo alto. Tagliate due pomodori a fette e distribuitele per coprire il fondo del tegame. Aggiungete anche un paio di cucchiai del trito odoroso appena fatto. Questa base umida serve per non far toccare il fondo della pentola allo stoccafisso durante la lunga cottura
  3. Adagiate i pezzi di stoccafisso sulle fette di pomodoro, mettendoli anche uno sopra l’altro, ma tutti con la pelle rivolta verso il fondo. Regolate di sale e profumate con pepe macinato al momento ( oppure mettete un pezzetto – poco – di peperoncino)
  4. Spargete sullo stoccafisso tutto il trito aromatico rimasto, aggiungete l’alloro e i restanti pomodori tagliati a tocchetti. Umettate il tutto con altri 6-7 cucchiai di olio e irrorate con un grande bicchiere colmo di vino (circa 200 ml) e un altro bicchiere con la stessa quantità di acqua calda (oppure di brodo vegetale leggero)
  5. Mettete il coperchio al tegame, accendete il fuoco e tenetelo moderatamente vivace fin quando i liquidi iniziano a bollire. Di tanto in tanto scuotetelo leggermente di lato per muovere il fondo, senza però mai mescolare. Al primo bollore riducete il fuoco al minimo e (sempre con il coperchio) fate sobbollire per 40 minuti
  6. Pelate le patate, tagliatele a spicchi grandi (devono sfaldarsi un po’, ma non completamente!) e disponetele nel tegame facendo in modo che coprano tutto lo stoccafisso: non è necessario che siano coperte di liquido, cuoceranno benissimo anche con il vapore. Richiudete il tegame e completate la cottura per altri 50-60 minuti a fuoco minimo, continuando di tanto in tanto a scuoterlo lateralmente per muovere il fondo, senza mai mescolare. Se necessario, aggiungete un mestolo di acqua bollente leggermente salata (oppure di brodo vegetale leggero)
  7. Spegnete il fuoco e lasciate riposare il vostro stoccafisso all’anconetana, sempre coperto, per tutto il tempo necessario a farlo diventare tiepido prima di servirlo. Ad Ancona consigliano di farlo riposare almeno 6 ore (fino a 24! sempre senza mescolare) e poi  servirlo leggermente riscaldato. Si serve mettendo nei piatti prima tutte le patate, con lo stocco distribuito sopra.

Come reidratare e ammollare lo stoccafisso in casa

Lo stoccafisso si trova in vendita già pronto per essere cucinato, sia surgelato, sia – meno facilmente – reidratato. Tuttavia, dal punto di vista del risultato finale, il migliore è senz’altro quello in versione secca e dura. Per poterlo cucinare occorre reidratarlo e ammollarlo. Cosa non difficile, ma che richiede tempo e presenta la difficoltà che un buon ammollo deve essere fatto al fresco, cioè in una bacinella da tenere in frigorifero. Cosa, appunto, non sempre facile in famiglia, dove di frigoriferi ce n’è uno e serve per molti usi.

Per farlo procedete così:

1.  Sfibrate il pesce secco battendolo (senza esagerare con la forza, ma a lungo) con un pestello di legno o con il manico di un grosso coltello. Senza dimenticare, ovviamente, che i coltelli afferrati per la lama hanno la pessima abitudine di tagliare!

2.   Aprite a libro il pesce e rimuovete il “budello” nero, che in realtà è la vescica natatoria. È facilmente identificabile e molti lo considerano un importante elemento aggiuntivo di sapore. È infatti possibile utilizzarlo per farne particolari salse, che eventualmente vanno aggiunte in un secondo momento a particolari piatti. Ma non lasciatelo ammollare e tanto meno cuocere insieme allo stoccafisso, perché ha un sapore e un odore fetido.

3.  Mettete il pesce in ammollo in abbondante acqua, pari a circa mezzo litro (500 ml)  ogni 100 g di pesce. Più l’acqua è fredda meglio è. L’ideale sarebbe fare sempre l’ammollo in frigo. È però importante che lo si faccia nella stagione calda (non tenetelo 2 o più giorni a temperatura estiva). Cambiate la prima acqua dopo le prime 2-3 ore e poi continuate a cambiarla ogni 12 ore. La durata dell’ammollo è di circa 36-48 ore, dopodiché trattate il pesce come ogni altro pesce fresco


[testi di Valter Cirillo]

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